9 agosto 2018.
Il mio arrivo a Sarajevo non è stato esattamente come lo immaginavo.
E’ il problema delle aspettative. Non dovremmo averne. E’ la mente che ci frega. 

Ma sapete cosa? Ho amato ogni angolo di quella città, e le emozioni più forti di tutto il mio viaggio le ho provate lì.
Per questa ragione mi soffermerò un po’ di più su questa città.

Sarajevo è la capitale della Bosnia Erzegovina, nel 1984 ospitò i Giochi Olimpici invernali, e tra il 1992 e il 1995 fu messa sotto assedio durante la guerra di Bosnia dalle forze serbo-bosniache.

Sono arrivata in città alle 9 di sera con un pullman di linea, dopo un paio di ore di viaggio da Mostar.
Quello che è apparso ai miei occhi è stato uno scenario post-bellico in piena regola. Edifici crivellati di colpi di arma da fuoco, semidistrutti. Subito mi sono apparse alla mente le immagini viste al telegiornale a scuola quando ero alle medie. 

In autostazione decisi di prendere un taxi per raggiungere l’appartamento dove avrei alloggiato per 2 notti.

La mattina successiva mi sono svegliata presto e mi sono diretta verso il centro storico: ne sono rimasta affascinata.
In questo luogo si respira una commistione di religioni e culture come in nessun altro posto in Europa. Tant’è vero che la chiamano “La Gerusalemme d’Europa“. Qui convivono nella stessa città chiese ortodosse e cattoliche, moschee e sinagoghe. Si passa in un baleno da scorci turchi e ottomani, a “quadretti” austro-ungarici.

In questa città si respira una vera integrazione, e una grande voglia di rinascita.
A Sarajevo tutti hanno una storia da raccontare ed io mi imbatto in Jozef, un uomo che ha vissuto qui durante i 4 anni di assedio. “Sono stati 1.425 giorni di assedio”, mi dice Jozef “e vivevo qui con mia moglie, e mio figlio di 6 mesi”. “1.425 giorni, e 1.425 notti, ed è come se le giornate fossero doppie perchè c’erano le notti, e di notte eri da solo con le tue paure. Di giorno si pensava a come procurarsi cibo e acqua.” Lui si occupava di far funzionare le radio che erano l’unico modo per comunicare con gli altri bunker per organizzare la resistenza.

Per me è stata davvero un’esperienza forte.

Poi sono andata a visitare il “Tunnel of life“.
Si tratta di un tunnel di 800 mt (solo i primi 20 sono visitabili), che passa sotto all’aeoroporto e che durante la guerra permetteva a donne e bambini di scappare e permetteva il passaggio dei rifornimenti. Grazie a questo tunnel la città è riuscita a resistere a 4 anni di assedio. Si trova nei pressi dell’aeroporto. Lo avevano costruito lì perchè in questo modo nessuno lo avrebbe mai bombardato.

Che cosa innaturale e stupida la guerra. Non la comprendo.

Il mio viaggio è proseguito poi alla volta di Dubrovnik.

Ma ve lo racconto prossimamente.